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CONFETTURA DI MIRTILLI SELVATICI

[…] Io sto bene quando sto lontano da me. Con quella libertà speciale che ha solo l’uomo di passaggio […]

Niccolò Fabi, Lontano da me

Turismo di vicinato.

Che bella parola vicinato. Sa di conforto, di amicizie della porta accanto, di luoghi a portata di abbraccio. L’Estate quest’anno è arrivata in sordina, quasi come se ci avesse raggiunto in punta di piedi, sulla scia di una lunga convalescenza a cui non eravamo abituati e che non credevamo di aver terminato. Eravamo pieni di dubbi e incertezze, lontani dalla spavalderia euforica degli altri anni che ci spingeva a saltare sul primo traghetto in partenza o su un volo dalla meta ellenica. Così in questi assolati mesi di caldo e carenza di abbracci appunto, ho scelto di trasformare i miei piccoli e sparuti movimenti al di là della comfort zone domestica, in spensierati e fugaci passaggi dal vicinato.  Pochi giorni e pochi chilometri, non troppo lontani da casa, ma comunque lontani, quel tanto che è bastato per scoprire, perdersi e poi ritrovarsi, che è poi il normale giro che fanno le cose nella vita. Lontani quel tanto che basta a riprendere il respiro.

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BRIOCHE DANESI CON CREMA E MELE

“La misura dell’intelligenza è data dalla capacità di cambiare quando è necessario.”

Albert Einstein

La muta

Ed io ho cambiato. Non per misurare questa mia intelligenza che non riterrò mai bastevole per la comprensione del mondo e delle persone, ma, come spesso accade, per lasciarmi alle spalle qualcosa. Una muta fisiologica che scaturisce in me come un riscatto ed una rivalsa contro lo stesso mondo e le stesse persone di cui fatico a comprendere comportamenti ed azioni o dopo lunghi periodi negativi e situazioni intollerabili. Pochi giorni fa leggevo, di un blog le cui parole mi catturano l’anima. Parlava di bivi, di scelte e lievitati. Così ho scelto di cambiare. Ho messo un punto e intrapreso una muta.

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PANNA COTTA CAMOMILLA E GOCCE D’ORO

“Voglio solo che tu rifletta, come uno specchio, tutte le ore che per te sono state quest’ora. Non per un esercizio mnemonico, o letterario. Ma per trovare, nella tua vita, più felicità di quanto ritieni di averne.”

Stefano Benni, L’ora più bella.

E’ quasi tramonto. Mi avvicino a piedi scalzi, in barba alle numerose sterpaglie, con indosso solo la macchina fotografica che ciondola al collo ed un pareo annodato male. Mi intrufolo furtiva lungo una stradina che costeggia il mare. Il mio sguardo l’aveva scovata per caso al mattino, nel breve tragitto che conduce dalla Statale alla sabbia e poi, di lì, al mare. Ci sono poche case attorno, tutte basse e strette l’una all’altra, quasi a contendersi quel piccolo pezzo di terra che il mare ancora non ha ancora raggiunto e di fronte quell’ immenso, meraviglioso tesoro che mi affretto a raggiungere.

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MADELEINE ALLE MANDORLE E FIORI D’ARANCIO

[…] Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della madeleine. […]

MARCEL PROUST,  À la recherche du temps perdu, vol. I, Du côté de chez Swann.

Difficile parlare di Madeleine, senza citare Proust e la sua ricerca, mentre invece vorrei parlarvene in altro modo o forse soltanto portarvi a seguire in silenzio il rincorrersi sui tasti di Keith Jarret al suo Koln Concert. Eppure queste piccole Madeleine sono la chiave di tutto: il passaggio al ricordo, alla memoria, quel determinato sapore che riporta indietro nel tempo.  La chiave stessa del viaggio. Ecco perché di viaggio vorrei parlare. Ché non sia solo la partenza da un punto e l’arrivo in un altro, ma il tragitto stesso: quella linea retta, curva, spezzata, a volte immaginaria che finisce col saldare le due estremità, per poter unire le Madeleine di Swann e la Zia Leonia, me e il concerto di Keith Jarrett.

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CREMOLATO AL MASCARPONE CON VARIEGATURA ALL’AMARENA

Non sono narcisista né egocentrico; se fossi vissuto nell’antica Grecia non sarei stato Narciso.
– E chi saresti stato?
– Giove.
(Woody Allen)

Narra Ovidio che il giovane Narciso, crudele e spietato amante di se stesso, dopo aver rifiutato i teneri abbracci della ninfa Eco, finì col l’annegare nel suo stesso riflesso, lasciando ai mortali come monito della sua stoltezza, un fiore, chiamato appunto Narciso. Ripensando a questo mito mi capita spesso di chiedermi quali sarebbero le reazioni degli Dei dell’Olimpo (ch’io trovo, confesso, di gran lunga più saggi e divertenti del resto dell’intera comunità divina) se potessero conoscere le narcisistiche inquietudini di quest’epoca contemporanea. In quali ire funeste incorrerebbe questa strampalata generazione di uomini e donne così presi e rapiti da un insano desiderio di visibilità e protagonismo?

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