MADELEINE ALLE MANDORLE E FIORI D’ARANCIO

[…] Da dove m’era potuta venire quella gioia violenta? Sentivo che era connessa col gusto del tè e della madeleine. […]

MARCEL PROUST,  À la recherche du temps perdu, vol. I, Du côté de chez Swann.

Difficile parlare di Madeleine, senza citare Proust e la sua ricerca, mentre invece vorrei parlarvene in altro modo o forse soltanto portarvi a seguire in silenzio il rincorrersi sui tasti di Keith Jarret al suo Koln Concert. Eppure queste piccole Madeleine sono la chiave di tutto: il passaggio al ricordo, alla memoria, quel determinato sapore che riporta indietro nel tempo.  La chiave stessa del viaggio. Ecco perché di viaggio vorrei parlare. Ché non sia solo la partenza da un punto e l’arrivo in un altro, ma il tragitto stesso: quella linea retta, curva, spezzata, a volte immaginaria che finisce col saldare le due estremità, per poter unire le Madeleine di Swann e la Zia Leonia, me e il concerto di Keith Jarrett.

Il viaggio in fondo, va pensato così: concentrandosi sulla strada da percorrere e ignorando quasi la meta. Questo personalmente, mi permette di sopportare gli infiniti chilometri di spostamenti giornalieri, che conducono da un capo all’altro senza una logica apparente. É la forza che spinge il naso a schiacciarsi oltre il finestrino e lo sguardo a rincorrere la strada, nella sua corsa folle con il paesaggio al lato della vettura su cui si viaggia.

Vorrei avere sempre con me la mia macchina fotografica, per fermare ogni istante, tutte le singole meraviglie che mai per distrazione riesco a cogliere… Una fila ordinata e grigia di colombi sull’orlo di un cornicione o le scie bianche di due aerei che si intersecano nel cielo limpido. Certi vasi stracolmi di piante grasse che nascondono ringhiere rovinate, l’infilata lunghissima e carica di foglie, degli alberi sul Lungo Tevere, le cupole a perdita d’occhio, che non si contano mai e mai una è uguale all’altra. I colori rovinati dei vecchi palazzi sulle facciate di Trastevere, tutte affiancate e serrate come una vecchia coperta a patchwork. Il profumo da forno che riempie le strade del Ghetto, i sampietrini scuri e disordinati e la loro alternanza di pozzanghere in cui si specchiano viandanti e finestre. I decori bellissimi a Coppedé e quelle corti del quartiere Trieste, dove i palazzi sembrano giganti riuniti attorno a un giardino nascosto.

Si viaggia così: con le stesse scarpe per diverse strade, o con diverse scarpe su una strada sola. E la magia è ogni volta diversa, come le note di un brano ascoltato mille e infinite volte per poi stupirsene sempre e aver voglia sempre di riascoltarlo ed eccoci giunti fino a Keith Jarrett. Si viaggia così: assaporando una Madeleine solo per volersi ritrovare nel piacere burroso di certe preparazioni. Si viaggia così: leggendo e poi sognando ad occhi aperti o semplicemente, come cerco di fare, osservando il mondo affollato di cose e persone che si agita attorno al percorso e in quello stesso percorso trovare la logica degli infiniti chilometri di spostamenti giornalieri che conducono da un capo all’altro senza apparentemente averne una.

RECIPE

tratta e adattata dal libro di Marta Mahut

dosi per 27 madeleine (3 infornate con stampo da 9)

125 g di burro

110 g di zucchero di canna

100 g di farina 00

50 g di mandorle pelate, ridotte in farina

4 g di lievito per dolci

2 uova grandi a temperatura ambiente

4 cucchiai di latte di mandorle

qualche goccia di aroma ai fiori d’arancio

1 limone biologico 

1 pizzico di sale

Preparate l’impasto per le madeleine la sera prima e lasciatelo riposare in frigo tutta la notte, questo vi aiuterà a realizzare delle madeleine perfette con la classica gobetta al centro. Per l’impasto fondete il burro in un pentolino e fatelo freddare leggermente. Nel frattempo montate le uova con lo zucchero di canna fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso, con le fruste elettriche basteranno circa 5 minuti.  Mescolando aggiungete la farina setacciata con il lievito per dolci. Mescolate fino ad averla incorporata bene. Unite il pizzico di sale, poi a filo il burro, precedentemente fuso, il latte di mandorla, l’aroma ai fiori d’arancio (qualche goccia a seconda dell’intensità che più vi piace)e la buccia grattugiata del limone. L’impasto a questo punto sarà pronto: copritelo con la pellicola e lasciatelo riposare tutta la notte in frigo. L’indomani mattina imburrate e infarinate lo stampo per madeleine, poi mettetelo in freezer per 5 minuti. Trascorso il tempo riempite ciascuna conchiglietta con un cucchiaio scarso di impasto. Non versatene troppo perché in cottura si gonfia e tende a sformarsi: dovrete comunque realizzare più infornate a seconda del tipo di stampo che avete ( io ho utilizzato quello da 9, per un totale di 3 infornate). Mettete in forno preriscaldato in modalità statica a 220° e lasciate cuocere per 3 minuti, poi abbassate la temperatura e portate a termine di cottura a 180° per altri 5 minuti. Le madeleine sono pronte quando avranno fatto la gobetta e i contorni saranno dorati. Togliete dal forno, aiutandovi con un cucchiaio estraete le madeleine dallo stampo e lasciatele raffreddare. Poi ricominciate l’operazione imburrando e infarinando lo stampo e mettendolo in freezer per l’infornata successiva.

 

4 Comments

  1. alessia 14 Febbraio 2019

    Deb, questo post sarebbe da incorniciare, davvero. sono incantata.

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    • debora 16 Febbraio 2019

      Alessia, credimi che le tue parole mi allargano l’anima. Me le tengo strette strette per i momenti bui. Grazie infinite

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  2. Francesco 14 Febbraio 2019

    I più grandi poeti, fin dall’antichità si sono cimentati con il viaggio, quella della vita, avventuroso come quello di Omero, fideistico come quello di Dante, Folle come quello di Cervantes, mai nessuno come fai, oggi, tu, carissima Debora, con il tuo viaggiare condito di curiosità, immagini artistiche o piene di sentimento, ma ricco di speranza, di un rinnovamento, come l’attesa di piacevoli imprevisti.
    E’ un progetto che spesso, per non dire sempre, vorremmo realizzare continuamente, ed ecco che come dice Ervas “per certi viaggi non si parte mai quando si parte. / Si parte prima. / A volte molto prima.”
    Al solo pensiero, l’idea stessa della partenza crea un sentimento di felicità, di spensieratezza che, con la fantasia, lo colora con immagini di luoghi sconosciuti da scoprire, di terre mai visitate, di popoli e culture affascinanti, completamente diverse dalla nostra, ma sempre appartenenti a questo meraviglioso pianeta al quale apparteniamo e del quale, spesso, poco conosciamo. I sentimenti che ti accompagnano in simile meravigliosa avventura sono le attese, le speranze, la leggerezza e la tua unica valigia è solo piena di quello stupore dettato dalla meraviglia, dagli imprevisti, da qualsiasi avvenimento, che risvegli i reconditi piaceri della bellezza e della felicità, “viaggiare è come innamorarsi: il mondo si fa nuovo…”, come scrive Myrdal, è un’emozione incantevole e che ti fa guardare a questo mondo in modo nuovo, come mai lo avevi ammirato, perché il tuo colore preferito in quel momento assumerà la forma di un arcobaleno e sarà foriero di quella felicità tanto attesa. Sarà come un vento fresco che ti addolcisce il caldo dell’estate, perché “Chi viaggia ha scelto come mestiere quello del vento” dice giustamente Caramagna e credo che anche ciò sia vero e legittimo da affermare, scoprire, come il concerto di Keith Jarrett, fatto con quella leggerezza tutta sua, costruita sulle ali del vento, desiderosa di “Trovare l’occasione di un frammento di vita e/ di quella diversità, che è solo frutto di bellezza.”
    Grande capacità poetica, grande sentimento profuso a piene mani e evocazione tentatrice e coinvolgente. Bravissima come sempre in ogni tua magnifica espressione.

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    • debora 16 Febbraio 2019

      Francesco grazie…poca roba la mia in confronto al tema infinito del viaggio…ma sicuramente tutto molto sentito. Grazie come sempre!!

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