In una sera di primavera…
Se vi raccontassi che in una sera di primavera accadeva che: nel cortile di un palazzo alla Garbatella svolazzavano a mulinello cinque o sei slip da donna di colore grigio, il diario segreto di un bambino d’altri tempi rivelava formule magiche culinarie al posto d’incofessabili pulsioni, un autobus a caso veniva preso da un gruppo di adolescenti che si smarrivano per la periferia romana e qualche fuso di pollo si rosolava lentamente in padella insieme ad una crosticina profumata e croccante di erbe aromatiche? Se ve lo raccontassi, dico, voi ci credereste?
Di certo dopo aver letto l’incipit e il titolo di questo racconto, sarete più propensi ad indagarvi sulla mia sanità mentale piuttosto che sulla veridicità di tali affermazioni, ma io posso assicurarvi che ogni cosa, vera e un po’ romanzata allo stesso tempo, ha il suo logico posto nel racconto di questa storia. Una storia che si apre così, a primavera, attorno al tavolo da pranzo nella casa di una blogger che voleva fare l’architetto (o forse era il contrario?!) e sei amiche di vecchia data unite da qualche calice di vino di troppo, dalla farina che non si può mettere nella frittata e fiumi di aneddoti e risate, a riempire le ore trascorse insieme.
La cena d’altronde, così come il racconto, era cominciata con un indisciplinato e caotico ognuna porta qualcosa, senza un ordine per le pietanze scelte o un conto preciso dei commensali. Unico accorgimento tener da-cconto delle intolleranze altrui e non cucinare il pesce a forma di pesce. Ch’io si sa, son fatta strana e pure un po’ al rovescio e così come digerisco meglio un piatto di peperoni cunzati piuttosto che un cucchiaio di quinoa, non gradisco mai il pesce che abbia la forma stessa del pesce, figuriamoci poi se riesco a cucinarlo! Eppure la quinoa è arrivata, a tradimento e insieme alle polpette della mia amica Elena, prima tra le sei, che ricordandosi di me come la blogger che voleva fare l’architetto ha iniziato a fotografare a rotta di collo ogni alimento della mia cucina dimenticandosi spesso che la porta di un frigorifero andrebbe richiusa e il cibo, quando non è per lavoro o per un blog, mangiato caldo!
Poi in ordine sono arrivate la rossa Charmante e il suo elenco di cibi che si possono o no mangiare a seconda dell’indole del proprio sangue; la bionda della Garbatella che mette solo indumenti coordinati ed è meglio che si vada a passeggiar da Eataly piuttosto che a Tor Marancia e poi ancora la bionda di Viale Marconi che sarà pure iperprotettiva ma è l’artefice di tutti i bicchieri di vino di troppo che ognuna di noi ha bevuto nella durata di questo racconto e per decoro non sto qui a specificar che vin ci ha fatto bere. Per ultima, poi, è arrivata Mimì, la mia Mimì, con la quale spesso ci scambiano di nome e di viso e così da ssempre facciamo che essere come Mimì e Cocò. Lei che gironzolava in autobus per le vie del centro già all’età di undici anni, con le sue magliette a righe bianche e nere, le scarpe basse e l’amichetto dal diario segreto sulla cui prima pagina senza troppa malizia o alcun inganno era trascritto: il segreto di un buon ciambellone è assolutamente nella scorza di limone.
Ora la tavola era imbandita e le commensali sedute e mentre il pollo rosolava lento con la sua crosta di erbe aromatiche sul fuoco della cucina, noi si cominciava con tutto il resto, tra polpette, plumcake e frittate senza farina, a ridere e mangiare, raccontando a nostra volta le storie dei figli adolescenti o quelle passate di noi da bambine e certi aneddoti, un po’ singolari, come quello degli slip da donna, non pinzati bene sul filo dei panni stesi e volati via insieme al primo refolo di vento nel cuore di un noto quartiere romano. Ed ogni storia credetemi, è stata certamente piena di gusto poiché arrivava così sul filo indisciplinato e nascosto della nostra ebbrezza e goliardia. E voi, che forse dubitate della mia sanità mentale, ora capite che ogni cosa, in quella serata di primavera è stata possibile e sincera, come il buon vino, come la complicità di noi, tutte e sei, come il sapore rustico di questo pollo qui cucinato e qui raccontato.
Buon appetito!
Questa ricetta è stata realizzata per il libro di cucinaMancina “Mangiare bene, dormire meglio – idee, consigli e ricette della buonanotte” edito da Gribaudo/Feltrinelli.
RECIPE
dosi per 6 persone
6 fusi di pollo o sovracosce
4 fette di pane fresco dalla mollica morbida (vanno bene anche 4 fette di pan bauletto)
30 g di Parmigiano Reggiano grattugiato
30 g di Pecorino Romano grattugiato
40 g di olive taggiasche denocciolate
40 g di pinoli
2 cucchiai di pan grattato
un mazzetto di prezzemolo
un mazzetto di basilico
un mazzetto di menta fruttata
1 bicchiere di vino bianco
1 spicchio di aglio ( a piacere)
sale e pepe q.b.
olio extra vergine di oliva
1/2 limone
Comprate i fusi di pollo dal vostro macellaio di fiducia: devono essere teneri e di buona qualità altrimenti in cottura la carne potrà risultare troppo secca e stopposa. Vanno bene anche le sovracosce. Usando dei guanti, sciacquate sotto l’acqua ciascun pezzo, fiammeggiatelo per eliminare qualsiasi residuo sulla pelle esterna e poi lasciatelo stare per qualche minuto ammollo in una ciotola con acqua fredda e succo di limone. Questa operazione serve a lasciare umida la pelle esterna del pollo in modo che la panatura aderisca meglio. Intanto in un altro recipiente sminuzzate il pane fresco, il prezzemolo, la menta fruttata e il basilico. Unite il pecorino e il parmigiano, una buona parte delle olive taggiasche (lasciandone qualcuna per dopo) e 30 g di pinoli. Aiutandovi con un mixer frullate il tutto grossolanamente fino ad ottenere una profumata panatura. Unite per ultimo il pan grattato. Mescolate bene e impanate ciascun fuso di pollo. Non preoccupatevi se vi avanzerà della panatura: la utilizzerete in fase di cottura per meglio condire la carne. Munitevi quindi di un tegame largo, fate rosolare a fiamma bassa lo spicchio d’aglio fino a quando non si sarà dorato, poi eliminatelo e inserite il pollo. Rosolate da un lato e poi dall’altro, unite il vino bianco e lasciate sfumare, poi abbassate la fiamma, inserite dell’acqua per evitare che il tutto si attacchi e rimpinguate la panatura laddove si sia staccata dal pollo. Lasciate cuocere per almeno 25 minuti , a fuoco lento, unendo poco alla volta dell’acqua e altra panatura se necessario. Regolate di sale e pepe. Per una crosta più croccante e consistente, cuocete gli ultimi minuti la carne al forno a 180° in modalità ventilata. Servite caldo unendo le restanti olive tagliate a rondelle e i pinoli.
Narrazione stupenda e divertente, foto meravigliose, una preparazione profumata e gustosa!!
Grazie Francesco. Di cuore. È bello e prezioso il commento di qualcuno che ti segue sempre. Che sai essere costante e presente. Ne sono onorata e lusingata.