Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre.
(Platone)
La cosa peggiore di questo periodo storico in cui viviamo è la perdita costante e irreversibile di gentilezza tra gli esseri umani. Ed è una perdita grave.
Mentre il mondo se ne va, inseguendo ritmi forsennati e si rinchiude dentro scatole bellissime di cristallo che servono però solo ad aumentare l’incomunicabilità e l’intoccabilità tra i rapporti umani, almeno qui, nella mia cucina, permettetemi di stravolgere le regole e comporre discorsi sparsi sulla Gentilezza.
La Gentilezza, unita alla sincerità, non è debolezza: è l’unico segno di superiorità dell’essere umano. Gentilezza è avere garbo nelle parole e nei pensieri. E’ l’espressione della grazia che ci portiamo dentro. La gentilezza è un atto gratuito di empatia, che ripaga più di qualsiasi altra azione. E’ un gesto spontaneo, è un giorno di primavera, la migliore arma contro la volgarità che ci circonda.
E non parlo di semplice educazione, ma dello spirito con cui si va incontro agli altri: significa cercare di essere brave persone, accoglienti, generose e altruiste. Anche se spesso la gentilezza va contro la razionalità, l’intelligenza o la ragionevolezza. Poco importa, non ne faccio un discorso ecumenico. Lungi da me… ma se ogniuno di noi si sforzasse di essere gentile un po’ di più di quanto quotidianamente si concede, o ritiene necessario, vivremmo sicuramente con più leggerezza e spensieratezza. E vedremmo le cose con luce nuova.
Forse, dovremmo essere tutti più petalosi e meno petulanti.
Questo panbrioche, la cui ricetta proviene da uno dei miei blog preferiti, è stato il primo lievitato che ho imparato a fare e ancora ricordo le parole gentili della blogger quando ne vide le prime foto (orribili). Lo rifaccio spesso, perchè è morbidissimo e profumato, adatto sia ad una colazione dolce e genuina che ad essere accostato con sapori più decisi e salati.
RECIPE
(dosi per uno stampo da plumcake da 22 cm)
250 g di farina 0
200 g di purea di patate
50 g di burro a temperatura ambiente
3.5 g di lievito di birra disidratato
2 cucchiaini di sale
1 cucchiaino di zucchero
1 uovo
latte q.b.
semini di sesamo
tanta gentilezza, sempre.
La ricetta orginale la trovate qui.
Altrimenti…
Preparate la purea sbucciando, lessando e passando le patate (sono circa tre piccole). Pesatene 200 g. Mentre le fate raffreddare, in una ciotola versate la farina setacciata, unite lo zucchero, il sale e il lievito e infine la purea di patate tiepida. Iniziate a impastare ottenendo un impasto sbricioloso, unite quindi l’uovo leggermente sbattuto e quando questo sarà ben incorporato, unite il burro.
A questo punto l’impasto comincerà a diventare più sodo, lavoratelo per almeno 10 minuti, meglio se avete i ganci da impastatrice. Disponete in una ciotola un po’ unta con olio evo, coprite con un canovaccio e lasciate lievitare fino al raddoppio.
Appena fatto, sgonfiate l’impasto e dividetelo in tre porzioni. Iniziate la pirlatura di ciascuna di esse su un piano di lavoro leggermente infarinato. Spennellate la superficie con un po’ di latte e poi cospargete con i semini di sesamo. Fate cuocere in forno preriscaldato a 180° fino a doratura. Nel mio forno incriminato bastano 20 minuti, ma il consiglio di Monique sull’uso del cucchiaino è un metodo infallibile per verificarne la cottura: se battendo il dorso sul panbrioche il suono sarà secco, come se dentro fosse vuoto, l’impasto sarà cotto a puntino.
[…] trascorse ad oziare, altre ad impastare appunto. Così vorrei portarvi all’attenzione questo panbrioche, realizzato ben 7 anni fa sempre su questi schermi, ed oggi rivisto e rivisitato grazie […]
[…] Mentre leggevo di queste regole, questa cosa dell’indicare mi ha riportato indietro di alcuni anni, quando viaggiando in lungo e in largo per il Madagascar appresi che per molte popolazioni malgasce il gesto dell’ indicare risultava offensivo e maleducato. A tratti blasfemo. I luoghi sacri della loro cultura erano pertanto protetti a tal punto da essere indicibili. E pertanto neanche indicabili. A volte penso che se riuscissimo a riportare nel nostro quotidiano certe usanze tribali, riusciremmo a vivere tanto più serenamente ed educatamente di quanto facciamo con tutta la nostra civiltà che pur necessita di regole per la civile convivenza sia nella vita reale che nel web. Ma il punto è che, come in tutte le cose, basterebbe soltanto un po’ di buonsenso e tanta gentilezza. […]
Essere più petalosi e meno petulanti: un imperativo meraviglioso!
Seguendo le briciole sono arrivata fin qui e che bella scoperta. Un immersione nel tuo mondo petaloso e la primavera è ancora più vicina, in barba alle cime innevate e al vento che non mi risparmia.
Un abbraccio
Rebecka…è molto piacevole sapere che le briciole ti hanno condotta a me. Vediamo se fanno le brave anche con me e mi portano da te!!…ti abbraccio anch’io
Come vivremmo tutti meglio se fossimo più’ gentili ed educati…io cerco di fare del mio meglio, lo ammetto, ma a volte di fronte alle cafonaggine delle persone rimango davvero allibita e non me ne capacito…quella petulanza poi, tutti devono dire la sua su qualcosa e su qualcuno…mi manda in bestia!!!! Hai toccato un tasto dolente oggi, ma forse e’ meglio focalizzare l’attenzione sul pan brioche, che merita molto di più’ ….
bacino
Tu lo sai vero? Se c’è qualcuno che ti fa arrabbiare, dimmelo, ed io vengo lì a riempirlo gentilmente di botte!!
Bacino
Il tuo blog è una vera scoperta, devo veramente ringraziare Assunta per averci fatte inconcontrare. Le tue foto sono spettacolari…complimenti, complimenti e ancora complimenti. Donatella
Parole reciprocamente condivise.
Grazie
Donatella