FONDANT ALLE MELE

In the middle of every difficulty lies opportunity

cit. dal webMia nonna avrebbe detto.

Mia nonna avrebbe detto: se si chiude una porta, sta per aprirsi un portone. Ma in quest’anno nefasto di porte se ne sono chiuse tante. Forse troppe. E al di là dell’unico portone di una casa che spero presto, potrà aprirsi ai nostri passi, qui di opportunità se ne vedono poche. Troppe poche. Ciò ch’è lampante invece, è la direzione strampalata e sconcertante che sta prendendo l’andamento generale dei rapporti umani e dello stile di vita. Direzione dettata certamente da un’esigenza concreta e contingente che non vuole liberarci e che bisogna necessariamente contrastare, ma che mi provoca uno stato continuo di incertezza e timore per il futuro.

Ecco ad esempio, per dirne una mi manca da morire poter abbracciare mia mamma e mi turba questo allontanarsi progressivo e inesorabile del contatto umano, sia con le persone care, sia con gli estranei. Ho sempre lavorato con il pubblico e ritenuto che una stretta di mano, bella e vigorosa, fosse non solo buona educazione, come avrebbe detto mia nonna, ma un gesto carico di consapevolezza, rispetto, simbolo di apertura e accoglienza verso il prossimo. Così mi domando, dopo tutti questi mesi di lontananza e abbracci frenati, torneremo a quella sana istintualità dei gesti che reca con sè empatia e calore umano? Torneremo ad abbracciarci in famiglia certo, ma col resto del mondo, con l’altro, riconquisteremo fiducia e coraggio? E il nostro prossimo, tornerà ad essere qualcuno da poter toccare, con cui incontrarsi vis a vis o i nostri rapporti finiranno per sempre relegati nella deriva alienante del mondo virtuale, dell’asocialità dei social? Abbatteremo quel metro di distanza, o saremo così abituati a frapporlo tra noi ed il resto del mondo da non poterne più fare a meno?

E il nostro modo di vivere la vita come cambierà? In questi lunghi mesi, in cui, anch’io come molti, mi sono ritrovata nell’impossibilità di compiere anche il più semplice dei gesti o realizzare la più normale delle abitudini ho pensato spesso a tutte quelle realtà indipendenti e artigianali a cui questo stato di cose ha tolto ancora più in visibilità e opportunità. E’ stato facile ricorrere ai giganti del web, sempre aperti e sempre presenti, per poter soddisfare le nostre esigenze, quando tutto era chiuso e tutto era fermo tranne i corrieri Amazon, ma quante botteghe, quante piccole librerie polverose, quanti bistrot a conduzione familiare pagheranno il prezzo più alto di questa situazione, se con le nostre abitudini non torneremo a rivolgergi a loro? Finiremo anche qui per affidarci ad uno schermo, o torneremo a toccare con mano, a cercare quello che desideriamo tra le strade affollate del centro storico, tra i mercatini rionali pieni di vita ed odori, tra le bancarelle o le vetrine intarsiate di negozi e luoghi che hanno una storia alle spalle e non solo milioni di account?

E i nostri ragazzi. Torneranno a innamorarsi fra i banchi, a rincorrersi lungo i corridoi allo scoccare della campanella? Torneranno a confrontarsi con gli occhi del o della Prof di turno, impolorando un esonero o un voto più alto? Torneranno a studiare insieme, a casa o sullo stesso banco, tra una fetta di merenda e una sbirciatina ai videogiochi? Torneranno a fare gruppo, ad andare in gita o ai concerti, torneranno a crescere, a litigare, a confrontarsi, o semplicemente a tirarsi i cartoccetti durante l’ora più noiosa? Torneranno ai collettivi e ai comitati studenteschi e quando?

Troppe incertezze, poche ma buone certezze.

In questi ultimi giorni il tempo passa così: lento e fra mille incertezze. Ogni giorno con una nuova domanda che si aggiunge alla lista interminabile di punti interrogativi, mentre là fuori ormai tutti gli alberi sono ingialliti e le foglie cadute.  L’aria fredda di Novembre si carica di pioggia e si prepara l’Inverno … Ma in ogni difficoltà risiede un’opportunità ed il cibo è così dolcemente e tremendamente consolatorio ch’io non voglio rischiare di perdere l’occasione che si cela tra queste giornate piene solo di numeri e tristezza. Ecco perchè mi trovo qui, alla ricerca tra tante insicurezze delle mie, poche ma buone, certezze. Come una foglia che cade o una torta di mele. La sola che da sempre mi aiuta a controbilanciare le cose della vita.

Credo che le torte di mele siano fatte solo di certezze. Certezza di burro morbido e latte appena caldo; certezza di profumo alla cannella; certezza di sapore che si scioglie in bocca. Certezza di fondant che si piega arrendevolmente sotto il peso di un cucchiaino con quella consistenza così simile a un budino, ch’è certezza nella certezza. L’unica incertezza potrebbe stare nella scelta dello stampo da usare. Ma per me, è certezza pure quella.

Quella che segue è una ricetta, diciamo così “collaudata”, ma questo dolce si presta a mille varianti e interpretazioni. Sicuramente da provare è la versione ironica di Monique, oppure quella di Gabila Gerardi. E se di certezze non sarete ancora paghi, allora vi consiglio caldamente di perdetevi tra le pagine di Ilaria e tra quelle di  Giulia.

RECIPE

800 g di mele golden smith (al netto degli scarti)

80 ml di latte

50 g di burro + qualche fiocco per decorare

2 uova

65 g di farina 00

12 g di lievito per dolci

2 cucchai di zucchero di canna

1 mela renetta

1 limone bio

2 cucchiaini di cannella

Scaldate il forno a 180°. Sbucciate le mele, tagliatele e a spicchi, eliminate il torsolo e con l’aiuto di una mandolina affettatele molto sottili con spessore di 2-3 mm, raccogliendole in un’ampia ciotola. Irroratele con il succo microfiltrato del limone, unite i cucchiai di cannella e mescolatele brevemente tra loro giusto iltempo di distribuire il succo di limone su tutte. Tenete da parte. In un pentolino fate sciogliere dolcemente il burro con il latte. Montate le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto gonfio e spumoso, poi unite il latte e il burro che avrete fatto un po’ intiepidire. Unite la farina setacciata e il lievito per dolci, mescolate con delicatezza per non smontare il composto e infine unite alle mele che avevate preparato. Imburrate e infarinate uno stampo a ciambella da 24 cm, distribuite al suo interno quindi il composto di mele, facendo attenzione a livellare bene la superficie. Prendete la mela renetta, lavatela, tagliatela a metà nel senso orizzontale con tutta la buccia e sempre usando la mandolina affettatela in dischi sottili 1-2 mm al massimo. Distribuiteli sulla superficie della torta in moda da coprirla tutta e sovrapporli leggermente fra di loro. Quindi cospargete con lo zucchero di canna e abbondanti fiocchi di burro. Cuocete la torta in forno per circa 45 minuti coprendola se necessario con un foglio di carta forno e fate la prova dello stecchino per verificarne la cottura: deve uscire asciutto. Sfornate, lasciate intiepidire e servite tagliando a fette.

4 Comments

  1. Emanuela Lupi 23 Novembre 2020

    Si Deb, hai ragione! Io sono proprio come mi hai descritta tu, soprattutto nel ”pronta ad accogliere ed abbracciare chiunque passi dalle mie parti”… Però, in questi ultimi anni, è come se mi fossi riavvolta su me stessa, come quando riavvolgi il nastro di una cassetta per rimetterlo tutto dentro… L’anoressia Deb ti congela letteralmente e, quando sei nel pieno della malattia non te ne rendi conto, sei lì che ”lotti” tra la vita e la morte (perché si arriva a questo ed io ci sono arrivata purtroppo) ed il tuo obiettivo è ”solamente” quello di sopravvivere; però, mentre tu compi la tua “battaglia ‘, ‘tutto intorno a te si crea un vuoto, perché NON SEI PIU’ IN GRADO DI FARE NULLA…E questa sensazione ti resta dentro, anche Una volta uscita dal periodo critico… ed hai paura di ritornare nella (e alla) vita, perché fondamentalmente ”non hai vissuto” per un sacco di tempo. Ecco allora che, anche telefonare per prendere un appuntamento ti sembra una cosa insormontabile.. ti vergogni, ti senti invadente, fuori posto, hai paura di sbagliare, ti senti incapace … Ecco qui <3 il motivo dei miei esercizi e di tutto il resto…
    Lo so che piano piano ce la faccio a tornare, mi ci vuole solo un po' di esercizio ( e qualche fetta di torta di mele) in più….
    Grazie mille Deb… per la delicatezza e le parole dette <3.
    Manu.

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    • debora 25 Novembre 2020

      Cara Manu
      ho aspettato un po’ a risponderti perchè cercavo le parole adatte. Non sono brava a usarne di giuste in queste circostanze, momenti in cui a dirla tutta, preferisco di gran lunga un sano e silenzioso abbraccio o lo scambio di sguardi, per farmi capire. Ma qui torniamo a bomba, in un momento in cui di queste cose, per un motivo o per un altro non possiamo averne, nè tantomeno darne. E allora ho pensato a lungo a cosa scriverti, cercando tra i vocaboli quelli che meglio potrebbero farti percepire la mia empatia…Ma poi mi son detta che forse questa, anche così, con un silenzio scritto, ti giunge comunque e non è necessario aggiungere altro.
      Credo che la vita ti stia dando l’occasione di rialzarti, come la dà a tutti, prima o poi, e credo che se tu sei così brava e schietta da poter parlare di certi mali, ecco allora io credo che questi mali tu li abbia in un certo qual modo superati. E la cosa ti fa onore. Ad ogni modo, debole o forte, estroversa o introversa, felice o triste, qui ci saremo sempre ad accoglierti: così come sei.

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  2. Emanuela Lupi 22 Novembre 2020

    Eccomi Deb…. In questa Domenica di Novembre; ho il pane in forno che cuoce e dovevo cercare una ricetta con del cavolo nero, che ne ho abbastanza da utilizzare, ma … non so perché (o forse lo so) mi sono ritrovata qui…
    Sai, io ad inizio anno avevo un compito da svolgere: il mio terapeuta mi aveva dato un esercizio da fare per iniziare a lavorare sulla mi difficoltà nel ”propormi” agli altri, nel chiedere, nell’espormi diciamo così. Praticamente dovevo ogni giorno pensare a quali attività avrei svolto, tra queste scegliere quella che mi esponeva maggiormente al pubblico, farci il maggior numero di pensieri negativi sopra e poi farla; alla sera dovevo scrivere come era andata. Ti faccio un esempio: giornata molto poco sociale dove l’unica uscita che faccio è portare fuori il cagnolino; bene, ho pensato lo porto fuori percorrendo una via diversa da quella che faccio di solito, ma… se inciampo e cado, se mi ferma qualcuno per chiedermi delle informazioni, se mi fugge il cagnolino dal guinzaglio…. e via discorrendo; poi piglio il cagnolino e vado a fare il giretto in zona e vedo che succede, rientro e resoconto. Questo a inizio anno… poi è arrivato Marzo e tutto si è bloccato compreso il mio esercizio e la mia piccolissima ”battaglia”. Mi sono ritrovata tra le mura di casa che per me sono così protettive, ma che so in realtà NON FARMI BENE (perché io dovrei APRIRMI ALL’ALTRO, AL NUOVO, ALLA VITA dato che ne sono spaventata) e quindi quando hanno ridato un po’ di libertà ho faticato tanto a RI-uscire allo scoperto di nuovo… Ora, sono di nuovo qui, come in standby, come quando fai la sbianchitura della pasta per poi ricuocerla successivamente, che non sa come e quando tornerà al suo esercizio e come e quando la sua timidezza e ritrosia proveranno ad ammorbidirsi di nuovo…. Quindi Deb di INcertezze qui ne abbiamo per tutti ed è davvero difficile pensare a “come sarà domani”.
    Di una cosa sono però fermamente convinta, anzi CERTA!, che gli acquisti tornerò a farli dal vivo, tonerò ai miei mercati agricoli, alle miei aziendine spacciatrici di meraviglie, tornerò a comprare direttamente dalle loro mani, a chiedere, ad andare nelle loro aziende, perché questo per me è fondamentale, perché nonostante io mi vergogni ed abbia sempre paura di disturbare, CREDO FORTEMENTE NEL CONTATTO UMANO, penso che nulla lo possa sostituire…
    Quindi, In attesa che il mio disgelo possa ricominciare, prendo una tua fettina di torta di mele, altra certezza per me ed anzi, la rifaccio pure, perché di trote così non se hanno ami abbastanza…
    Ti abbraccio forte…
    Con affetto..
    Manu

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    • debora 23 Novembre 2020

      Vedi Manu, tutto avrei immaginato tranne che tu fossi una persona da terapeuta, diciamo così. Non ho avuto modo di conoscerti de visu, eppure, per come ti leggo, ti ho sempre immaginata con un bel grembiule indosso e la mano sempre tesa, coi capelli raccolti in una crocchia un po’ disordinata ed un sorriso dolce ed estroverso, pronto ad accogliere e abbracciare chiunque passi dalle tue parti. Tu sei esattamente l’Altro di cui ognuno di noi avrebbe bisogno: con la tua empatia, la tua cortesia, il tuo naturale e istintivo modo di raccontarti e condividere le cose. Quindi, non so esattamente quale pezzo del puzzle mi manchi, ma tra le poche certezze che ho c’è che “la Manu” sia un punto di riferimento.
      Per tutto il resto mi auguro che il tempo e il normale decorso delle cose ci possa riportare ad un po’ di sana e toccante normalità.

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